La Veranda

Di corsa verso Vigevano, prendo una scorciatoia e di botto me la trovo lì davanti: sono passati almeno 20 anni. Mi fermo, ignoro il tempo che passa, scendo dall'auto e vado a rivederla. La villa è chiusa. Forse non ci abita nessuno. Però è tutto molto in ordine. La veranda con le vetrate è ancora perfetta.

Avevo accettato questo lavoro fuori sede perché la signora mi aveva proprio pregato di farlo. Il vetraio che aveva smontato e rotto senza colpa alcuni vetri, aveva gettato la spugna e non se la sentiva di sostituire i pezzi rotti e rimontare tutto quanto. Io avevo il vetro e avevo anche la pazienza oltre che la voglia di farlo. Potevo dedicargli però solo le miei domeniche.

Mi vedo nella veranda con una lattina di coca cola in mano e la mia salopette di jeans, ad imprecare, nello stile dei vetrai, contro i millimetri che sembrano metri. Di quelle domeniche ricordo soprattutto il tempo passato in pizzeria col mio amico Maino, durante la pausa pranzo.

Ricordo anche che il padre della committente era un allegro anziano, juventino sfegatato e che amava così tanto chiacchierare dall'avermi costretta ad assoldare un amico, juventino almeno quanto lui, che venisse con me in quelle lunghe domeniche per intrattenerlo mentre io lavoravo.

L'anziano signore era il padre di un artista famoso, che negli anni sarebbe diventato sempre più famoso ed era proprio una sagoma. Il tempo trascorso insieme è stato un bel tempo. Il lavoro era venuto bene ed io ne avevo garantito la durata. Ora so di aver avuto, una volta tanto, ragione.